Scrittura creativa

Tempo e ritmo

Discutendo dell’intreccio narrativo, abbiamo visto come la storia sia uno degli elementi fondamentali di un testo narrativo, insieme a personaggi, narratore, spazio e tempo. Ebbene, ora intendiamo affrontare proprio quest’ultimo: il tempo e, parallelamente, il ritmo di un romanzo. Per farlo correttamente, è fondamentale ricordare il netto distinguo che abbiamo precedentemente fatto tra ciò che nella narrazione è fabula – l’ordine cronologico degli avvenimenti narrati nella storia – e l’intreccio – l’ordine e le modalità con cui lo scrittore decide di raccontare quegli stessi avvenimenti.

Il livello del tempo, in un testo narrativo, fa riferimento quindi al tempo reale dello svolgimento degli avvenimenti narrati nonché al ritmo con il quale sono narrati. La precedente distinzione prende qui una forma più particolare, trasformandosi in quella tra

  • tempo della realtà: vale  adire la durata degli avvenimenti narrati nella realtà
  • tempo del racconto: ossia il tempo che il narratore impiega per raccontare gli avvenimenti, concretamente il numero di pagine impiegate dall’autore e di conseguenza anche il tempo che il lettore dedicherà alla lettura.

 

Questo distinguo non ha solo un valore intrinseco, ma è fondamentale anche perché proprio dal rapporto che intercorre tra tempo della realtà (TS) e tempo del racconto (TR) si definisce il ritmo della narrazione del romanzo. Molto in generale, il ritmo mette in opposizione un tipo di narrazione più o meno lenta, composta principalmente da sequenze statiche (in primis le descrizioni, ma anche riflessioni, dialoghi che rallentano l’azione ecc.) o, diversamente, una narrazione più veloce composta principalmente da sequenze dinamiche (i brani narrativi che mettono in scena il susseguirsi dell’azione).

 

Di seguito riportiamo un schema riassuntivo molto chiaro:

TEMPO RITMO SEQUENZE
TR< TS

 

VELOCE Narrative
TR = TS MODERATO Narrative e dialogiche

 

 

TR > TS LENTO Narrative (solo nelle digressioni), descrittive e

riflessive

TR > TS

 

LENTISSIMO Narrativo-descrittive

Soffermiamoci ora proprio sul concetto di ritmo: cos’è? «Frequenza di un fenomeno: ritmo crescente, frenetico; velocità con cui le azioni si susseguono [...]» (Sabatini Coletti, dizionario della lingua italiana). Quante volte vi sarà stato consigliato un libro perché, vi hanno assicurato, si legge tutto d’un fiato. Cosa significa quando le pagine di un romanzo scorrono via veloci? Che l’autore ha impresso alla storia un buon ritmo, ha saputo cioè alternare e coordinare nel racconto le azioni e i relativi rallentamenti. Proprio come le note nella musica, nella poesia e nella prosa anche le parole possono essere scritte in modo da farle risuonare con un certo ritmo. Se nella prima, l’alternarsi di versi e spazi rende più esplicite le tecniche attraverso cui si giunge a una certa musicalità, nella prosa non sempre il lettore si accorge delle scelte stilistiche dell’autore. Anzi proprio questo è lo scopo: vorrà dire, infatti, che lo scrittore avrà raggiunto lo scopo di far sì che i lettori leggano le sue pagine tutte d’un fiato, senza mai staccare gli occhi dal libro.

Noi, però, che stiamo analizzando con occhio da chirurgo la narrativa, guardando la pagina di un libro dovremmo accorgerci di come questa sia suddivisa - proprio come una partitura - in periodi, in stacchi, punti a capo e virgolette che aprono e chiudono dialoghi tra i personaggi. Forse, uno degli esempi più lampanti di come le parole possano essere disposte sulla pagina per farle risuonare come musica, è la scrittura di Alessandro Baricco. Alcuni suoi pezzi sono scritti proprio per ottenere un effetto sonoro, tramite ripetizioni, elenchi di parole, corsivi che indicano i termini su cui bisogna soffermarsi, fare una pausa. «La prima cosa è il mio nome, la seconda quegli occhi, la terza un pensiero, la quarta la notte che viene, la quinta è quei corpi straziati, la sesta è la fame, la settima orrore, l’ottava i fantasmi della follia, e la nona è carne aberrante, carne, carne a seccare sulle sartie della vela, carne che sanguina, carne, carne di uomo [...]» (Il Ventre del Mare, Libro Secondo).

Ma come si fa ad ottenere un determinato ritmo? Vediamo, per esempio, come interpretare quanto indicato nello schema sopra proposto. Le frasi brevi, indipendenti, coordinate tra di loro per mezzo di virgole o congiunzioni (paratassi) caratterizzano molto spesso le sequenze che necessitano di un ritmo veloce – le sequenze narrative, per intenderci, quelle che portano avanti l’azione ed espongono gli snodi principali della trama, o le sequenze dialogiche in cui, come abbiamo specificato il tempo del racconto corrisponde al tempo della storia. Viceversa, le sequenze descrittive o riflessive, che rallentano invece la storia perché hanno il compito di riportare commenti e giudizi del narratore o le riflessioni di un personaggio, vengono spesso scritte attraverso ipotassi, cioè, frasi più elaborate, costituite da preposizioni principali e subordinate.

Ovviamente questa non è una legge universale e tutto dipende dall’effetto che si desidera ottenere: si potrebbero benissimo realizzare delle descrizioni o delle argomentazioni dal ritmo incalzante o rallentare le azioni fino all’esasperazione. Prendete ad esempio la classica protagonista di un classico thriller, colta nel semplice atto di aprire una porta. Dall’altra parte sappiamo che c’è lui, il mostro assassino che finalmente lo vedremo in faccia, è solo sufficiente che lei apra la porta. Ma l’autore indugia sulla mano e sulla maniglia che lentamente scatta verso il basso; questo è evidentemente un punto di svolta della storia, e più l’autore si allunga in periodare elaborato e più crescerà la tensione del lettore.

Ricordate che il ritmo di ogni sequenza va, naturalmente, considerato in prospettiva al ritmo generale del romanzo. Cioè, per ottenere il famoso effetto “tutto d’un fiato”, è necessario che le sequenze che compongono l’intreccio del romanzo siano ordinate secondo un principio di coerenza – per riprendere ancora la metafora musicale – senza stonature che risalterebbero subito all’orecchio del lettore. Il ritmo dovrà in qualche modo suggerire, prima ancora delle azioni dei personaggi o delle loro argomentazioni, il senso profondo di ciò che stiamo raccontando.

Il brano de Il ventre del mare, che abbiamo riportato come esempio, racconta di un naufragio: i personaggi navigano alla deriva su un relitto e sono in troppi per sopravvivere con le poche provviste che sono riusciti a salvare. Il modo in cui Baricco sceglie di raccontare infonde in chi legge quel senso di inesorabilità della fine; è il ritmo, prima ancora del racconto dei naufraghi, a scandire come le lancette di un orologio il tempo che resta loro da vivere.

Un esercizio utile per capire, al di là della mera teoria, cosa si intende per ritmo nella narrazione è quello di leggere ad alta voce: nel farlo, rispettate le pause della punteggiatura, la lunghezza delle frasi, le descrizioni e il tono dei dialoghi, prendete confidenza sia con i romanzi degli autori famosi che con le cartelle del vostro dattiloscritto. Con il tempo l’orecchio si abituerà a riconoscere il ritmo ottimale.

 

 

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