Scrittura creativa

L’espediente narrativo

«Si può immaginare una conversazione tra due uomini su un treno. L’uno dice all’altro “Che cos’è quel pacco che ha messo sul portabagagli?” L’altro “Ah quello, è un MacGuffin”. Allora il primo “Che cos’è un MacGuffin?” L’altro “È un marchingegno che serve per prendere i leoni sulle montagne della Scozia”. Il primo “Ma non ci sono leoni sulle montagne della Scozia”. Quindi l’altro conclude “Bene, quindi non è un MacGuffin!”. Come vedi, un MacGuffin non è niente».

Così il maestro del cinema Alfred Hitchcock spiegava cos’è l’espediente narrativo.

Lui lo chiama MacGuffin, noi possiamo chiamarlo anche “Sarchiapone”; vi ricordate la famosa gag di Walter Chiari? Ebbene, anche il Sarchiapone non era niente, eppure, proprio per questa sua natura vacua è stato capace di dare vita ad uno degli sketch più divertenti della televisione italiana, un botta e risposta tra Walter Chiari e Carlo Campanini che avrebbe potuto essere infinito. Ovviamente, alla fine, il centro della scena è tutto dei due attori e a nessuno importa più cosa ci sia dentro la gabbia coperta che, però, è stata appunto l’espediente narrativo, la scusa perché i due iniziassero a battibeccare; una scusa capace di far emergere tutto il carattere di “italiano medio e un po’ furbo” dei personaggi interpretati dagli attori.

Tornando alle regole della narratologia, detta molto semplicemente, l’espediente narrativo non è altro che elemento di una narrazione (un oggetto, un personaggio, un evento) che l’autore inserisce affinché modifichi la trama secondo determinati sviluppi. Sebbene non necessariamente determinante per tutto lo sviluppo della storia – a volte può essere soltanto una miccia per l’inizio di un racconto che poi procederà verso tutt’altra direzione – l’espediente narrativo è comunque un elemento prioritario in quanto sta alla base di una qualche azione: oggetto del desiderio per i personaggi o ciò che li ostacola nel raggiungerlo, o ancora qualcosa che li costringe ad agire e quindi a portare avanti la trama, verso la risoluzione. Le possibilità sono varie, a partire dalla rilevanza di questo elemento all’interno della trama. Vediamo due esedienti tra i più utilizzati dai vostri colleghi scrittori.

 

Il colpo di scena: è un evento inaspettato che ribalta completamente l’evolversi della trama. È la tecnica che dovrebbe scatenare in chi vi legge il famoso effetto sorpresa. Ma come si fa a ottenerlo? Come si fa a trasformare una gita in campagna in un terrificante weekend di paura o un padre di famiglia in un assassino con l’ascia in mano, senza che il lettore se lo aspetti? Innanzi tutto, proprio lavorando bene sulle premesse, cioè, sulla caratterizzazione dei personaggi e le ambientazioni. Una volta catturato il lettore, lo si può spiazzare proprio andando a colpire le sue certezze, tutto ciò che ha creduto di capire del mondo letterario in cui si è inoltrato.

Così, siamo in macchina con un gruppo di ragazzi un po’ fumati che, allegri, se ne vanno a un concerto. La scena è divertente, tutti cantano, le coppiette si baciano, poi, accolgono un’autostoppista, una ragazza un po’ cenciosa, ma sono gli anni settanta e vestirsi male e viaggiare in autostop sono cose all’ordine del giorno… Ma, poi, all’improvviso, “BAM” la ragazza impugna una pistola e si spara in bocca. Colpo di scena. Un’uscita felice si trasforma nell’inizio di Non aprite quella porta. Ovviamente è un caso limite, nei thriller forse il lettore è già predisposto a essere spaventato, ma i meccanismi del colpo di scena restano gli stessi per qualsiasi genere. Anzi, in una commedia o in un romanzo drammatico l’effetto, se ben giocato, potrebbe risultare ancora più spiazzante.

 

Finale aperto: ecco un consiglio generale, una volta giunti al finale del vostro romanzo è importante che non diate forzatamente una risposta a tutti gli interrogativi della vicenda o poniate rimedio a ogni conflitto dei personaggi. Piuttosto, mostrate chiaramente che un evoluzione è avvenuta, un cambiamento palese rispetto alla condizione iniziale. La tecnica del finale aperto è una soluzione molto suggestiva, lasciando il lettore a chiedersi ancora una volta “e poi cosa accadrà?” Naturalmente la potrete sfruttare solo a patto che sia avvenuto il cambiamento di cui sopra. Se i personaggi restano sempre uguali a loro stessi, il lettore non si porrà alcuna domanda, perché sarà sicuro che null’altro potrà accadere di diverso da ciò che ha già letto.

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