La libreria dell’armadillo

La libreria dell’armadillo è uno di quei libri che, una volta letta la trama, non puoi fare a meno prima di sfogliare e poi di divorare.

Anima del romanzo è un’umanità che sembra distinta in due diverse essenze, l’essenza delle cose da una parte e l’essenza delle parole dall’altra, secondo una contrapposizione che fa da sfondo all’avvicendarsi di una quotidianità ora malinconica, ora agrodolce, ora – nonostante tutto – anche spensierata.

Nella contemporaneità di un momento storico in cui la società che ci troviamo ad “abitare” pare scossa nel profondo da forti impulsi distruttivi e autodistruttivi, il giovane Schiavone pare volerci riproporre quello stesso conflitto trasformandolo nello scontro ideale fra, appunto, un mondo di parole e un mondo di cose, tra uomini che sono soggetti del proprio quotidiano e altri che non ne sono altro che mero oggetto.

Spartiacque tra due umanità così differenti è un libro, a rappresentanza di tutti i libri del mondo, che ora unisce e ora divide i protagonisti del romanzo, facendoli quando incontrare e quando separare, e lasciando dietro di sé una scia di vita e di morte che in un certo modo ci ricorda lo stesso senso della vita.

Tutto ha inizio con un vecchietto smemorato che scende di casa per comprare le sigarette e si ritrova con un biglietto del SuperEnalotto in mano, abbandonandolo la sera stessa tra le pagine ingiallite di quel vecchio libro fuori catalogo i cui spostamenti, di mano in mano e di scaffale in scaffale, altro poi non saranno che la mappa dello stesso nostro percorso narrativo. Perché il destino di ogni libro è imprevedibile.

Protagonisti del racconto un Libraio – di cui la professione diviene anche nome proprio, in assenza di un nome di battesimo – e il mondo che consapevolmente e inconsapevolmente gravita intorno alla sua bottega.

Da una parte quelli che abbiamo chiamato soggetti, che amano, vivono, credono e lottano. Un migliore amico barista che fugge dai pensieri volando su un piccolo aereo da turismo e progetta di aprire un giorno un piccolo chiosco in Andalusia; una commessa giovane e intelligente che nonostante la drammatica situazione delle Università italiana confida nei propri sogni e studia per vincere il Dottorato; una vicina di casa alla ricerca di una nuova vita, del vero amore e della vera felicità; un ragazzone quindicenne cinese con una gamba di legno che consegna le pizze a domicilio per il ristorante dello zio ma vorrebbe imparare a leggere.

Dall’altra, legati a doppio filo ai soggetti, coloro che della vita altro non sono invece diventati che oggetti, prigionieri di quelle logiche dell’accumulo, del consumo e del guadagno facile che – nella migliore delle ipotesi – fanno di un libro nulla di più che un buon sostegno per un forno a microonde senza una zampa. Perché non si possono spendere soldi per le parole. I soldi servono per comprare le cose.

Dei due schieramenti, nonostante le difficoltà, a vincere è senza dubbio quello dei soggetti; e quello che ci consegna Schiavone è al di là di tutto un messaggio positivo. Perché anche se il nostro povero mondo è ormai diventato un centro commerciale aperto sette giorni su sette, in cui poco è lo spazio da destinarsi a ciò che non è facilmente vendibile (che sia un libro o un Libraio), esiste ancora chi crede nel potere delle parole e nella forza del sapere. Un sapere non erudito ma passionale e pulsionale, che è vita e che è speranza. Un sapere che forse ci potrà salvare dalla dittatura delle cose.