La generazione

Ci sono titoli che fanno la fortuna di molti romanzi. Suggestivi e ammiccanti, funzionano da vere e proprie luci di segnalazione per il lettore che si aggira indeciso tra le pile di volumi in libreria. E poi ci sono i titoli ‘finestra’, quelli a cui ti avvicini con vaga curiosità, magari un pizzico di discrezione, e finiscono per convincerti che al di là di quel limite chiamato “copertina” c’è un mondo da esplorare che ti aspetta.

Ed è proprio quello che mi è successo con La generazione, primo romanzo del livornese Simone Lenzi. Una storia in cui le parole hanno un peso importante, a partire da quella del titolo, appunto. “Generazione” è il termine usato per definire “discendenza, stirpe, progenie”, ma anche l’atto stesso della “procreazione” e del “concepimento”. E questo, cari lettori, può diventare un problema di non poco conto per molte coppie.

Lo sa bene il protagonista del romanzo che a dieci anni, per capire come funziona il mondo, sfoglia con devozione Il Libro d’oro della Donna, manuale di economia domestica per aspiranti famiglie felici in perfetto stile anni Cinquanta (quello di Mad Men per intenderci!), e alla soglia dei quaranta si ritrova a fare il portiere di notte e a vivere “una vita al rovescio”.

Dico buongiorno e mi rispondono buonanotte, dico buonanotte e mi rispondono buongiorno. Ho una casa, ma vivo il mio tempo attivo in albergo. Sono sposato, ma dormo insieme a mia moglie solo un paio di volte alla settimana… e sono mancino”.

Un mondo capovolto in cui anche avere un figlio diventa un viaggio ‘controcorrente’, scandito dalle visite in ospedale, dalle sale d’aspetto affollate di coppie alle prese con gli animalcules (piccoli esseri voraci il cui scopo principale sarebbe quello di “risalire le lenzuola per fecondare un uovo”, ma a volte non è così facile…), da esami imbarazzanti (per lui) e dolorosi (per lei); il tutto accompagnato da meticolose terapie ormonali e bionde biologhe, facili da associare “alla pallavolo, ai ristoranti etnici e alle escursioni in montagna con i maglioni di pile”.

Un mondo descritto con levità e fantasia da una voce maschile che riesce a coinvolgere e raccontarsi senza alcun filtro ‘di genere’ e con uno stile sicuramente originale. A volte, tra queste pagine, le parole risuonano più forti della storia che raccontano, ma è un motivo in più per non perderle di vista…

P.S. Una curiosità: da questo libro il regista Paolo Virzì sta girando il suo nuovo film…. Sono proprio curiosa di vedere cosa combinerà!!!