Storia di un gatto e del topo che diventò suo amico

C’è stato un periodo della mia infanzia, avrò avuto più o meno sette-otto anni, in cui mi fissavo su un preciso film in videocassetta (il lettore dvd non esisteva ancora) e per due o tre settimane me lo guardavo almeno due volte al giorno, imparando a memoria le battute, le pause di silenzio nei dialoghi e perfino le inquadrature.

Fra tutti i film che furono oggetto di tale mia infantile passione cinefila, sicuramente il più visto fu Le tre vite della gatta Tommasina, di cui arrivai addirittura a fondere la videocassetta. Lo adoravo. Prima di tutto perché la voce narrante era quella di un animale (la gatta Tommasina, appunto), seconda di poi perché fu attraverso quel film che scoprii la faccenda delle nove vite dei gatti, che mi parve a dir poco una delle magie più fantastiche della storia (anche se – ad onor del vero – trovavo ingiusto che ai cani, ai pesci rossi o, che so, alle iguane, di vite ne toccasse solo una).

Sarebbe bellissimo se fosse davvero così. E se tu in questo momento stessi facendo capolino in mezzo ad altri tre o quattro cucciolini caldi e appiccicosi, rinascendo gattina siamese o certosina in una famiglia accogliente e chiassosa, con un paio di bambini che ti stropicciano e ti danno i baci sulla pancia morbida.

Pensi di essere diventata adulta e ad un tratto ti ritrovi bambina. Quando la gatta nera con la pancia bianca che è cresciuta insieme a te si addormenta e non torna più. E la sera quando vai a dormire ti sembra impossibile che non ci sia nessuno in fondo al letto a scaldarti i piedi freddi.

Chi ha avuto la fortuna di condividere almeno una parte della propria vita con un gatto, nel leggere il delizioso nuovo romanzo di Luis Sepúlveda è probabile che si trovi a versare qualche lacrima. Qualche lacrima di gioia. Perché la storia di Max, Mix e Mex – un umano, un micio, un topo marroncino – è gioia allo stato puro. La storia perfetta di un’amicizia perfetta che niente pretende ma tutto ti dà. Perché i veri amici condividono il meglio che hanno.

Quando leggi un racconto di Sepúlveda ti chiedi come mai il mondo non possa davvero funzionare così, come mai le cose non possano davvero essere così semplici, come mai un topo non possa davvero insegnare a un gattino cieco a volare. Perché sarebbe bellissimo.

Un narrare che rende perfettamente il meraviglioso equilibrio fra semplicità e straordinarietà, che è il senso stesso del vivere felice. Perché la vita si misura dall’intensità con cui si vive.

Un romanzo che è un manuale di amicizia. Umana, felina e “topesca”. Nella consapevolezza che dietro al silenzio di un gatto dal profilo greco (o di una gatta nera con la pancia bianca) c’è un mondo intero e meraviglioso. Di cui fare parte è un privilegio assoluto.