Le brave ragazze vanno in paradiso le cattive dappertutto

Trama e recensione di Le brave ragazze vanno in paradiso le cattive dappertutto, opera di Ute Ehrhardt, edito da Corbaccio

Questo titolo accattivante e un po’ trasgressivo cela in realtà un principio che ogni donna dovrebbe seguire nella sua vita e che ogni mamma e ogni genitore in generale dovrebbe tenere ben presente nell’educazione di una figlia. E’ chiaro che l’autrice, scrittrice e psicologa tedesca, cerca di scioccare il lettore attraverso questa frase con lo scopo di attrarre la sua attenzione e spiegargli in seguito quello che vuole dire. Sembra quasi un titolo di un fumetto infatti, ma i concetti affrontati sono in realtà molto seri.

Da sempre le donne, anche quelle con tutte le carte in regola, sono considerate sempre un po’ meno degli uomini e la colpa è gran parte anche loro. La filosofia del dire sempre sì, dell’essere sempre disponibili e carine per paura di non piacere, di farsi sempre da parte perché sicuramente c’è qualcuno più adatto non funziona né per far carriera e nemmeno per vivere bene in generale. Le “cattive” ragazze sono dunque quelle che hanno coraggio, che riescono anche a pensare a se stesse ma soprattutto a credere in se stesse. Occorre dunque mettere da parte la paura del fallimento, la paura dell’indipendenza e della spregiudicatezza e riuscire ad acquisire un’intraprendenza che è fondamentale per riuscire in ogni campo.

Ute Ehrhardt analizza con attenzione i processi educativi di infanzia e adolescenza che portano la donna ad essere da grande generalmente sottomessa e timorosa di sbagliare. Nonostante che ci si illuda di vivere in una società moderna, in realtà a causa di un retaggio culturale il cliché della “brava ragazza” è sempre molto diffuso e non è associato, come si potrebbe pensare, solo a sani principi, ma anche ad abitudini comportamentali deleterie per la donna. E’ necessario dunque intraprendere un processo di cambiamento e spesso il percorso è lungo e doloroso. Imparare a diventare “cattive” non è affatto legato alla morale ma piuttosto alla capacità di riuscire a proporre e se necessario imporre il proprio punto di vista. Sia ben chiaro che la soluzione non è emulare un modello maschile di successo ma trovare il proprio, senza snaturare la personalità femminile, anzi al contrario sottolineandone le doti e riuscendo a fare delle differenze una ricchezza.