Monna Lisa addio

Nella sua opera agile ma ben documentata, Roberto Zapperi ci presenta una tesi avvincente sulla vera identità del famoso ritratto leonardesco, che la tradizione, iniziata col Vasari, ha sempre riferito a Lisa Gherardini, moglie del mercante fiorentino Francesco del Giocondo (da cui il termine Monna Lisa e, ancor più famoso, quello di “Gioconda”).

Per Zapperi questa attribuzione non regge più di fronte alla testimonianza, da lui riletta con grande attenzione e dovizia di documenti, contenuta nel diario che A. de Beatis, segretario del Cardinale d’Aragona, stese in occasione della visita fatta dall’alto prelato a Leonardo (a quei tempi ormai ultrasessantenne), quando quest’ultimo era ospite del Re di Francia a Cloux nell’ottobre del 1517. Proprio in quella circostanza Leonardo mostrò al Cardinale il ritratto di una «donna fiorentina» citando anche il committente: Giuliano de’ Medici (figlio di Lorenzo e nipote di Giuliano, quello morto nella congiura de’ Pazzi).

Seguendo questa indicazione l’Autore ricostruisce «la vera storia della Gioconda». Con il risultato di spostare la realizzazione dell’opera agli anni ’15-’16 del Cinquecento (dunque, dall’ambiente fiorentino all’ambiente romano) e di attribuire conseguentemente la committenza non al mercante del Giocondo, bensì all’importante esponente dei Medici Giuliano che in quegli anni era ospite a Roma del fratello papa Leone X e dove aveva fatto venire anche Leonardo. Ma la vera novità è che quel ritratto, secondo Zapperi, non è che una rappresentazione immaginaria (cioè in mancanza di modello) della madre di Ippolito de’ Medici, figlio naturale che Giuliano ebbe da lei (si parla di una tale Pacifica Brandani, figlia di un mercante urbinate frequentante la Corte dei Montefeltro) quando egli si trovava in esilio alla Corte di Urbino. Per consolare il piccolo Ippolito, che Giuliano tenne con sé e che cercava sempre la madre, morta nel frattempo, l’esponente mediceo avrebbe commissionato all’artista fiorentino il ritratto della donna: una madre il cui famoso sorriso, dunque, Leonardo destinò alla consolazione di un bambino. Anche se l’opera non fu mai consegnata al committente visto che Giuliano doveva morire di lì a poco per una grave malattia.

In sostanza, allora, la Gioconda sarebbe un ritratto “ideale” di una madre che doveva servire ad alleviare il dolore dell’assenza al piccolo illegittimo Ippolito. Che è tesi assai affascinante e intrigante anche per i risvolti di natura autobiografica di Leonardo su cui il lavoro di Zapperi ci può consentire di riflettere.