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Le figlie perdute della Cina

Trama e recensione di Le figlie perdute della Cina, opera di Xinran, edito da Longanesi.  

Xinran è nata a Pechino nel 1958 ma, dal 1997 vive a Londra, dove cura una rubrica per The Guardian.Donna molto intelligente e socialmente impegnata, ha fondato nel 2004 l’associazione Mothers’ Bridge of Love che si occupa della tutela dei bambini cinesi disagiati. Perché non tutti sanno cosa succede ai bambini in Cina, o meglio, alle bambine che non sono ben accette nella loro cultura. Nascere donna in Cina significa aborto, abbandono o uccisione. Le femmine hanno meno valore degli uomini perché non potranno ereditare terreni o mantenere una famiglia, coltivare i campi.Inoltre, dal 1979, vige la legge del figlio unico, utile per il controllo delle nascite che spinge ancor di più a privilegiare gli uomini.Da sempre, quando una donna cinese mette al mondo una bambina, deve trovare il modo di “sbarazzarsene”. Fortunatamente molte bambine riescono a trovare accoglienza in occidente grazie a famiglie disposte ad adottarle.

Le figlie perdute della Cina cerca di “denunciare” tutto ciò attraverso i racconti di donne che hanno vissuto sulla loro pelle questa dolorosa esperienza.È un libro sofferto, disperato che grida giustizia e che mira a diffondere con consapevolezza un desiderio di cambiamento.Ancora oggi, nelle zone rurali, questa pratica oscena è diffusa e la condizione della donna non è pe nulla migliorata;non a caso, la Cina, è il paese con un alto tasso di suicidio femminile. Un libro per ricordare e sostenere queste donne sfortunate, per sperare che le cose cambino al più presto.

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