È una vita che ti aspetto

Probabilmente il soggetto sottinteso della frase che regala il titolo a questa pubblicazione è “originalità”.

La, per me, drammatica iniziazione all’esplorazione letteraria di Fabio Volo, arrivò in un giorno di qualche anno fa. Convinto dalla ragazza che poco prima mi aveva passato un interessantissimi titolo:  Guida Galattica per Autostoppisti di Douglas Adams. Galvanizzato dal precedente racconto fantascientifico, non potei fare a meno di affrontare la questione Volo cono una buona dose di intraprendenza e aspettativa.

Vi è mai capitato di percorrere la A1 da Parma in direzione di Milano? Tre corsie, tutto dritto, pochissime buche. Un miracolo di tecnologia urbanistica, se rapportato allo stato medio della rete stradale italiana. Ora però prendete questa immagine e pensatela come la lettura di un libro: scrittura scorrevole, trama lineare che più non si può, pochissime sensazioni trasmesse.

Il soggetto bisogna dire che è ottimo. Affrontare uno dei più grandi cambiamenti che avvengono, o possono avvenire, in ognuno di noi: l’amore. Quello che spesso ti porta da essere un adulto sviluppato solo fisicamente, a un adulto sviluppato sia fisicamente che mentalmente. Una specie di adulto 2.0, come si direbbe di questi tempi.

Ovviamente ci sono svariati modi e metodi per affrontare la questione: chiave scientifica, chiave ironica, chiave umana, chiave psicologica, chiave senza dentellatura. Non mi spreco a dire quale secondo me sia stata scelta per la stesura di E’ una vita che ti aspetto. E’ tutto così lineare, così ovvio che sai quasi cosa ci sarà scritto nella pagina seguente a quella che stai leggendo. Speri in qualcosa, fino alla fine. Un colpo di scena o almeno un imprevisto, cavolo! Dopo un po’ ti va bene anche un errore grammaticale, basta che ci sia qualcosa che renda il tutto un minimo più movimentato. Niente, a parte un paio di paragrafi che sono molto carini presi nel contesto e ti fanno sorridere di un onestissimo sorriso. Menomale.

Vi è mai capitato di incontrare persone particolarmente brave nell’esposizione o di assistere magari a qualche comizio di qualche politico rampante? Avere a che fare insomma con personaggi con un’ammirevole dose di carisma? A me tante volte. Ma una (buona?) parte di loro, se ci pensiamo bene, in fondo in fondo dice realmente qualcosa? Il libro scorre, si legge che è una meraviglia, la prosa è semplice e chiara, e, come detto, il soggetto molto interessante.

Quel che ne risulta è  la premessa di qualcosa di grande (il soggetto) alla portata di tutti (chiarezza), ma che manca di contenuti in modo tragico. La fiera delle cose ovvie e facili da ottenere. Che non offre al lettore spunti di nessun genere, niente che rimanga, solo intrattenimento. Tempo barattato per non-sofferenza, per arrivare a fine giornata senza pensare troppo.

Potrei concludere con una frase ad effetto, utilizzando lo stile di Fabio Volo. Dovrebbe venire fuori qualcosa del genere: “per apprezzare il bello, devi conoscere il brutto”. Ma preferisco finire con una semplice citazione di un cantautore romano dei giorni nostri, che ho potuto tra l’altro apprezzare moltissimo dal vivo poco tempo fa, che dice: “Non si può cercare un negozio di antiquariato in Via del Corso”.