Dentro

Questa volta siete voi, cari lettori, che dovete fare qualcosa per me…

Ho appena finito di leggere il libro di Sandro Bonvissuto, 42nne esordiente romano con una laurea in Filosofia (e molta pratica come cameriere in un’osteria, ma non è questo che conta!), e sono rimasta vittima di una rovinosa caduta. Sono letteralmente caduta Dentro queste pagine e non riesco a venirne fuori (figurarsi a scrivere una recensione!)

L’ostacolo maggiore alla mia risalita è che VOGLIO rimanere qui. Voglio continuare a vagare tra queste frasi che sembrano scritte al buio e poi ti illuminano, tra queste immagini così sinceramente semplici da diventare magiche, tra questi pensieri che non alzano mai gli occhi, ma ti fanno vedere cose lontanissime. Anche se raccontano della vita in un carcere, di scuole che non funzionano e di amicizie che sopravvivono nonostante tutto, di infanzie solitarie che lasciano il segno.

Quindi, fate qualcosa amici di Excaliblog! Raccontatemi di libri bruttissimi (si, lo so che non si deve dire!), scritti malissimo (lo so che non si deve pensare!), con storie che vorreste solo dimenticare (questo si può dire!!).

Oppure, raggiungetemi! Non lasciatemi qui tutta sola…  Dentro

Visto che in quel posto il futuro non era previsto e il presente era sbriciolato, si poteva solo trascorrere ogni giorno un po’ di tempo nel passato, il tuo o quello degli altri. Era una cosa che dava sicurezza e serenità. Perché nel passato non ci sono più pericoli né minacce.

I libri dovevano essere cose molto importanti per i detenuti; se non fosse stato così, li avrebbero di certo restituiti. Perché al mondo non c’è nessuno in grado di stabilire se una cosa ha valore o meno meglio di un carcerato.

Per quelli che stanno in carcere la televisione è così importante che ognuno dovrebbe averne una solo per lui, da guardare per ore a tutte le ore. Un po’ come si fa con i bambini quando i grandi hanno da fare. La televisione è certamente una cosa da detenuti. Devono averla inventata proprio per i reclusi, ma poi se la sono comprata tutti.

In carcere le giornate non si capiscono ma si sentono; ti alzi dal letto e avverti che nell’aria, oltre al consueto sospetto di vivere dentro una scatola di ferro, c’è qualcosa di diverso da ieri. Così ti metti in un angolo e aspetti di capire cosa sia

Se c’è una cosa che lascia assolutamente indifferente chi sta fuori, è proprio la sorte di un detenuto. E’ paradossale, ma gli unici a preoccuparsene sono gli altri detenuti. Un po’ come fanno i poveri, che sono gli unici ad avere pena per gli altri poveri. O i malati con gli altri malati. O i terremotati con gli altri terremotati. Ma in questo modo finisce che a preoccuparsi della condizione di qualcuno è proprio chi non può fare niente.

La sera mi sentii separato da qualcosa che doveva essere lì accanto a me, isolato in una lontananza che aveva l’aspetto di casa mia. Chissà perché pensai all’amore, anche se non ne sapevo niente, a parte il fatto che si consumasse molto meglio al buio. M’intendevo però molto bene di amicizia, ed ero consapevole di come questa avesse unvece un disperato bisogno di luce.

Se ti capita di vedere un bambino solo e fermo in un posto, puoi pure allarmarti. perché non esistono bambini fermi. Se li vedi fermi, o non sono del tutto fermi o non sono del tutto bambini.