L’inconfondibile tristezza della torta al limone

L’inconfondibile tristezza della torta al limone, è il delizioso romanzo che Aimee Bender (www.flammableskirt.com) ha appena sfornato e che celebra il gusto amaro-dolce della vita.

Cucinare, si sa, è un’arte, ma anche una forma d’amore e di comunicazione. C’è chi con il cibo seduce, c’è chi usa una cena per convincere, chi a tavola discute e chi prepara succosi manicaretti per comprovare il proprio affetto.

Tuttavia, siamo proprio sicuri che l’umore di cui siamo e i pensieri che attraversano la nostra mente quando cuciniamo, non suggestionino il sapore del piatto a cui ci stiamo dedicando?

Vi è mai capitato di percepire nelle linguine al pesto di vostra moglie un certo sapore di “desiderio inconfessabile” o che la pommarola della nonna rivelasse un deciso retrogusto di “dolcezza e gratitudine”?

Rose Elderstein, protagonista dello squisito romanzo di Anne Bender, è una bambina con una speciale sensibilità: riesce a sentire le emozioni, i desideri o addirittura i pensieri di chi ha cucinato o preparato una pietanza.

Poco importa che la ricetta sia deliziosa, gli ingredienti ottimamente bilanciati e il sapore gustoso, il suo raffinatissimo palato le permette di andare fino “dentro” il cibo e di sentire l’anima di chi l’ha creato. Ecco che la perfetta elaborazione di una familiare torta al limone, “sa di vuoto” e riflette la profonda tristezza della vita di chi l’ha impastata e cotta in forno, la segreta e dolorosa insoddisfazione di sua madre.

Una tale spiccata sensibilità nei riguardi degli alimenti, non concede alla protagonista di cibarsi di qualsiasi pietanza senza contaminarsi con sentimenti e pensieri provenienti da cuori e cervelli altrui. La sua più grande preoccupazione sta, infatti, nel non poter mangiare. Per sopravvivere si limita a ingerire soprattutto prodotti confezionati, dentro i quali si sente solo il lontano sapore metallico della macchina che ha miscelato gli ingredienti.

La piccola Rosie non è però l’unica in famiglia a possedere una speciale dote.

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Nell’apparentemente banale nucleo familiare, un padre molto dedito al lavoro e poco interessato ai suoi cari, una madre insoddisfatta e un fratello ossessivamente votato allo studio, si celano altri insoliti modi di percepire la vita così profondamente da dover trovare una via d’uscita, una porta secondaria, altri modi di sopravvivere, altri mondi in cui potersi rifugiare. Mentre cresce trovando riparo nei prodotti industriali, preparati da braccia meccaniche e nastri che scorrono, la bambina osserva i membri della famiglia condurre un’insoddisfacente esistenza e comunicarlo, indirettamente e inconsciamente, con saporiti pranzetti.

All’attento lettore di questa meravigliosa e insolita storia, non mancherà il comprendere che dentro il cibo si celi un “inconfondibile” messaggio, talvolta insostenibile, come la torta al limone della madre di Rosie, talvolta magicamente confortante come i biscotti di mia nonna. L’ingrediente “segreto” delle sue ricette, infatti, era canticchiare vecchie oscene filastrocche che la facevano inevitabilmente ridere, mentre preparava l’impasto; così i suoi prodotti da forno contagiavano di genuina e gustosa ilarità chiunque li assaggiasse.

Quando non abbiamo altro da dire, o non sappiamo come esprimerci, non ci rimane che cucinare. A tavola, dunque, il dialogo è servito!