Il tempo che credevo di aver perso

 Trama e recensione di “Il tempo che pensavo di aver perso”, opera di Fabiola Gravina, edito da 0111 edizioni.

Giulia è la protagonista del romanzo e vive da sempre in conflitto con la madre vedova.  Quando progetta di sposarsi scopre che l’uomo che dovrebbe diventare suo marito, Paolo, la sta tradendo con un’altra donna in modo non solo irrispettoso ma beffardo. Tre giorni prima del matrimonio scopre della nuova relazione del compagno e presa dallo sgomento  decide allora di trasferirsi a New York, accettando un’offerta di lavoro e ripromettendosi di non rimpatriare per almeno dieci anni, cosi si lascia alle spalle le difficili dinamiche famigliari e sentimentali.

Una notte arriva la zia Bice chiama la nipote dando la triste notizia della morte della madre e così dopo tre anni si trova a dover tornare a Perugia, la sua città natale, per il funerale.  Il ritorno non è facile perché la donna è costretta a rispolverare non solo il suo passato ma le varie dinamiche che segnarono la sua giovinezza.

Intanto Paolo si è sposato ma è anche diventato un uomo assillante e curioso di scoprire i motivi che spingono Giulia a prolungare la sua permanenza nella città, infatti riordinando gli effetti personali della mamma ritrova un diario, dal quale emergono sentimenti e affetti che Giulia ignorava; dopo questo nel so cuor emerge un desiderio forte di capire meglio chi fosse sua madre e decide di incontrare il suo compagno, i racconti dell’uomo la spiazzeranno perché vedrà una donna diversa da quella che lei immaginava di conoscere. Qui inizia un percorso di riscoperta e di rinascita perché Giulia riconosce errori, incomprensioni ed tutte le evidenze ignorate che resero problematico il rapporto con la madre, permettendogli di raggiungere nuove consapevolezze ma soprattutto certezze che si radicheranno rendendola una donna migliore e quel tempo che pensava di aver perso diventerà un tesoro da preservare, il suo passato non sarà più un tormento bensì la base su cui costruire il suo futuro.