Il sogno di un hippie - Waging heavy peace

Il mio amore iniziò con Hey Hey My My, cantata dal vivo, al primo concerto di beneficenza Farm Aid del 1985. Non sono stato là (magari), avevo solo un anno e mezzo e c’era ancora il cancelletto di legno in cima alle scale di casa mia, montato dai miei in modo che non tentassi l’esplorazione della moquette degli scalini, prima, e del lettino del pronto-soccorso, poi.

Prendendo spunto da quello che ha detto uno speaker di una buona radio italiana (quando non manda in onda il radiogiornale), il titolo originale non è Il sogno di un hippie, ma Waging heavy peace. Prendo spunto soltanto, perché non condivido né la traduzione della Feltrinelli, né quella dello speaker. Non sono un mago con l’inglese, ma waving e waging sono due parole differenti. La mia traduzione è Impegnarsi per una pace duratura.

I titoli tradotti sono preda di studi di marketing – si sa –, ma da piccolo studioso della stessa materia, mi sento di dissentire e di preferire qualcosa di più fedele all’originale. Che si parli di musica o di treni – capirete – la questione della fedeltà di una riproduzione è fondamentale. Quando siamo bambini, la fantasia galoppa instancabile e un informe pezzo di Lego può bastare per immaginarci alla guida di una stupenda fuoriserie. Da adulti la fantasia certe volte rimane, ma abbiamo bisogno di sensazioni che ci riportino a un’esperienza quanto più realistica possibile. Ammirerete – ne sono sicuro –, la ricerca della qualità di questo artista e il suo modo di vedere i problemi, ma di riuscire a non esserne sommerso. Guardando oltre. Cercando una soluzione e dedicandovi impegno.

Sopravvissuto, è il caso di dirlo, alla ribalta dello spettacolo. Non si è negato molti eccessi in gioventù: in pochi sono rimasti immuni alle droghe e all’alcol. Confessa senza problemi di aver usato marijuana e bevuto qualche bicchiere fino a poco prima, ma adesso, alla soglia dei 65, ha capito di dover smettere. È umano dopotutto. Si è messo a scrivere la sua biografia con il computer per distrarsi e gli è venuta molto bene a quanto mi è sembrato.

Ho letto questo libro provando le stesse sensazioni che avevo quando mio nonno mi raccontava di come iniziò a fare il manovale e poi il muratore, il mettersi in proprio, lo specializzarsi nelle ristrutturazioni per arrivare, infine, a lavorare coi suoi operai alla ristrutturazione di una parte della Certosa di Firenze. Per la sua attività fu premiato come mastro artigiano nel Salone dei Cinquecento in palazzo Vecchio, ma a questo non accennava quasi mai.

Scusate il piccolo fuori tema, ma non sapevo come altro trasmettervi l’emozione. Young ha la stessa umiltà. Parla del suo mondo, che noi siamo abituati a venerare, con semplicità e modestia. Un “grande” (come mio nonno).

Neil Young è un uomo con delle possibilità – lui e i suoi dischi hanno fatto più volte il giro del mondo – ; ha scelto di impegnarsi per realizzare un suo sogno, non di sognare qualcosa già sognato da altri. Quanto è impersonale quel titolo…

P.S.: Neil Young and Crazy Horse saranno a Lucca il 25 luglio, e a Roma il giorno successivo. Io ho già il biglietto per Lucca: keep on rockin’ in the free world!

DATI BIBLIOGRAFICI:
ISBN: 9788807491382
TITOLO: Il sogno di un hippie
AUTORE: Neil Young
EDITORE: Feltrinelli